Ovvero uno, nessuno e centomila. L’eclettismo è il suo marchio di fabbrica ed è ancora oggi fonte di ispirazione per molti.
Quarant’anni di carriera all’insegna della metamorfosi, da sempre il suo credo.
Un genio mutante, conosciuto anche con i soprannomi di Duca Bianco o “Rock ‘n Roll con il rossetto”, come lo chiamava il suo amico John Lennon.
Bowie è stato anche uno dei primissimi musicisti a contaminare il rock con il teatro, le music-hall, il mimo, la danza con il cinema, il fumetto, le arti visive.
E, in ambito musicale, la sua impronta è stata fondamentale nell’evoluzione dei generi più disparati: da lui prendono nuova linfa vitale il glam-rock, il punk, la new wave fino ad arrivare al synth-pop ed al dark-gothic.
Bowie è tra i più amati, ma anche tra i più odiati miti della musica popolare contemporanea.
Difficile da metabolizzare il suo atteggiamento da primadonna altezzosa, ma soprattutto la sua eterodossia rispetto ai sacri dettami del rock: l’uso spregiudicato dell’immagine, la sua ostentata artificiosità, il suo voler essere artista d’avanguardia vendendosi al pubblico come una starlette di Broadway.
La filosofia dei cambiamenti d’immagine repentini, ideale per tenere alta l’attenzione su di sé, rivelatasi molto più di una semplice intuizione, lo guiderà negli anni a venire, fino a trasformarlo in un intelligente businessman.
E’ il simbolo del trasformismo: dai capelli a caschetto anni ’60 (come i Beatles) al make up da alieno del film Labyrinth, dai capelli color carota acceso agli occhi così truccati, con un make up prettamente femminile, così tanto da farlo sembrare androgino, sottolineando lo sguardo inconfondibile dei suoi occhi dal colore diverso.
Occhi che riassumono, ancora una volta, la bellezza di quest’epoca, fatta di contrasti, stranezze, imperfezioni che non torneranno più, ma che saranno capaci di influenzare tutta la cultura a venire, fino ai giorni nostri.